10-11.11.2003
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PARADISE LOST |
DEATHSTARS and EXILIA |
New Age - Roncade (TV) - Italy - 06.11.2003 |
review by Alberto "AMB" Scremin in Italian - translated in English |
pics © by Alberto "AMB" Scremin |
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Dopo la data di Cesena, i PARADISE LOST arrivano al New Age per l’ultima data italiana del tour di Symbol of Life. Anche qui a far da spalla ci sono gli Exilia, band di Milano, e i Deathstars, svedesi . Ad aprire le danze, intorno alle 21:30, sono gli Exilia, che propongono un buon rock alternativo, molto energico; la loro ispirazione principale sembrano essere i Guano Apes, altro non fosse che per la voce femminile. Dopo mezz’ora di show è la volta dei Deathstars, che tra face-painting e simulazioni di sodomizzazione del chitarrista ad opera del cantante, intrattengono la platea con un sound che sembra essere un mix tra Rammstein e Marylin Manson. Anche in questo caso niente di nuovo sotto il sole. Finalmente, da poco passate le 23:00, giunge il momento tanto atteso: breve intro dal sapore iconiano e i cinque di Halifax fanno il loro ingresso sul palco. Partono le note di Erased e parte anche il mio imbarazzo in veste di recensore, imbarazzo che scaturisce dal fatto che mi ritengo in dovere di dire che un concerto eccezionale non è iniziato nel modo giusto. Lasciate che vi spieghi. Erased è un ottima canzone, un singolo certamente azzeccato, ma non credo che sia l’ideale per aprire uno show; in tal senso ritenevo Isolate la scelta migliore, più diretta ed adrenalinica, avrebbe infiammato il pubblico in maniera maggiore. Si aggiunga poi il fatto che Erased senza la voce femminile fa un po’ meno effetto. L’impatto è comunque buono, il solo ingresso dei PARADISE LOST è stato più che sufficiente per scatenare l’entusiasmo del pubblico. Anche la scelta della seconda canzone non trova appieno i miei favori; sto parlando di Widow, che con il suo ritmo incalzante dal vivo rende certamente benissimo, ma alzino la mano quanti di voi non avrebbero preferito sentire al suo posto Embers Fire, Rememberance o True Belief, tanto per rimanere in tema di Icon. Invece del quarto (capo)lavoro della band ci verrà proposta solo Widow. Le sonorità cambiano radicalmente, e qui va un plauso ai Nostri (quante altre bands riescono in uno show ad amalgamare, come se niente fosse, generi tra loro così differenti?), con la successiva Behind the Grey. Ma è con la quarta canzone, No Celebration, che lo show decolla definitivamente, spazzando via qualsiasi flebile perplessità riguardo ad esso. L’ottava canzone di Symbol of Life, oltre ad essere ottima su album, ha il pregio che dal vivo rende benissimo ed in questo frangente la band dimostra di avere pari dimestichezza sia con i brani vecchi che con quelli nuovi. A proposito, la band. Sono tutti in gran forma, niente da dire. Aaron, dimenticato lo stile riflessivo -faccia rivolta al cielo e occhi chiusi- del tour di One Second, emana energia con un headbanging incessante, e quasi ad ogni canzone deve farsi dare un asciugamano dai ragazzi della crew per asciugare il sudore dalla chitarra; Steve è decisamente più tranquillo, suona guardando le prime file ed appare compiaciuto nel vedere i fans che partecipano attivamente cantando le canzoni insieme a Nick; Lee detta i tempi alla batteria, ma purtroppo non ho capito (c’era Mr. Holmes nella traiettoria tra me e lui) se fosse occupato anche con i backing vocals. Nick è come al solito enigmatico, con la sua aria di leggero fastidio nei confronti del mondo; il suo fastidio non è invece leggero, e traspare benissimo, verso i riflettori che si ritrova puntati in faccia tra un brano e l’altro. Dal punto di vista tecnico è comunque impeccabile: rende eccezionalmente nelle canzoni dell’ultimo album e la sua voce regge perfettamente per tutto lo show. Greg, con pettinatura e braghe improbabili , risulta il più eccentrico del gruppo: ha uno stile inconfondibile, sembra in trance, costituisce un tutt’uno con la musica che, lo capirebbe anche un profano alle vicende dei PARADISE LOST, sente (nel senso dell’inglese to feel) come cosa sua. Dal punto di vista musicale non sbaglia niente, il suono è nitido come se uscisse dalle casse dello stereo della mia camera e gli assoli di una precisione chirurgica: memorabile da questo punto di vista l’esecuzione del finale di Shadowkings. Proprio l’ottima Shadowkings è la canzone che viene eseguita dopo No Celebration e purtroppo è anche l’unica canzone presa da Draconian Times; il fatto che Icon e Draconian Times siano rappresentati da un’ unica canzone mi lascia un po’ interdetto, in ogni caso non vi annoierò più con le mie riflessioni riguardo alla scelta della scaletta, anche perché, se avessero suonato tutte le canzoni che avrei voluto sentire adesso non sarei davanti al computer ma ancora sotto il palco del New Age. Shadowkings è comunque suonata ottimamente, con Nick che interpreta al meglio la differenza di cantato tra strofa e ritornello. Si passa poi alla title-track dell’ultimo lavoro, che dal vivo accentua l’impressione che mi aveva dato ascoltandola nell’album, cioè di canzone incompleta, che parte benissimo, sembra esplodere ma poi non arriva dove dovrebbe arrivare e finisce senza lasciare un segno vero. Segue il sound elettronico, marchio inconfondibile di Host, di So Much is Lost e con le successive Mouth e Pray Nightfall si raggiunge il livello massimo, che poi rimarrà costante fino al termine dello show, di coinvolgimento del pubblico. Tutti cantano il ritornello del singolo di Believe in Nothing, canzone sottovalutata e troppo sbrigativamente etichettata dalla critica come brano pop; mentre in occasione del ritornello di Pray Nightfall Nick avrebbe potuto tranquillamente andare a bersi una birra, visto che il suo cantato è stato sovrastato dal “In my head, this all is, in my head this all is….” gridato a squarciagola da tutti i presenti. Bella soddisfazione, alla luce del fatto che Symbol of Life qui in Italia è uscito solo da pochissimi mesi. Nota riguardante il pubblico: certamente non numerosissimo, in ogni caso nessuno è lì per caso, vedendo come le canzoni (e non solo i ritornelli) vengono cantate da tutti i presenti. Dopo Pray Nightfall i nostri ci fanno fare un salto nel lontano 1992 con l’inossidabile As i die, autentico cavallo di battaglia dei PARADISE LOST; la chitarra solista di Greg fa la differenza in questo brano e non credo che serva, in questa circostanza, fare commenti sul grado di partecipazione del pubblico: il grido “As i die” dopo l’arpeggio iniziale sembra un abbraccio che il pubblico dedica alla band e che li unisce in un’unica unità. Dopodiché torniamo ai giorni nostri con Perfect Mask. Si noti a riguardo come i PARADISE LOST mescolino intenzionalmente brani con sonorità diverse, di anni diversi, con lo scopo di proporre uno show vario (ma in ogni caso con una sua sostanziale omogeneità) e di accontentare tutte le tipologie di fans; niente da dire, i Nostri raggiungono assolutamente il fine che si erano prefissati. Con Perfect Mask si accende un piccolo pogo subito dietro le prime file e un battimani ritmato accompagna il giro di basso nel mezzo della canzone. Con il trittico successivo a questo brano, il concerto raggiunge il suo apice: Mystify, Mercy, Say Just Words. Ma andiamo con ordine. Ritenevo Mystify una canzone troppo bella perché potesse rendere dal vivo, come un gioiellino troppo fragile e delicato lasciato alla sua sorte in mezzo ad una tempesta. Mi sbagliavo: live rende ancora meglio e acquista, se possibile, ancora più valore. Il ritornello poi, cantato da Nick e il pubblico all’unisono, è di una bellezza assoluta e vale l’acquisto del biglietto da solo. E’ allora la volta del primo brano tratto da One Second; come già anticipato si tratta di Mercy. Nick per la prima volta si prende qualche licenza nell’interpretazione del pezzo, staccandosi, seppur di poco, dalla versione in studio. La canzone rimane comunque incredibilmente bella, riuscendo nello scopo di non abbassare il livello eccelso raggiunto con la precedente Mystify. Rimaniamo in clima One Second con il singolo tratto da esso, Say Just Words. La platea è ormai in estasi e si fa trascinare dal ritmo serrato del pezzo: grande in questo senso il lavoro della chitarra ritmica di Aaron. Tutti saltano, tutti cantano, tutti ruggiscono “Say just words to me”, tutti accompagnano con il battimani la grancassa di Lee verso la fine del pezzo, per poi riesplodere a cantare il ritornello finale. Incommensurabili PARADISE LOST. Ma è già il momento della classica pausa, che fa capire a tutti che siamo a meno tre alla fine. Meglio non pensarci e distrarsi saltando al ritmo dell’intro di Isolate, mentre i Nostri rientrano sul palco. Rimango dell’opinione che questa canzone avrebbe fatto un altro effetto come opener, in ogni caso sono entusiasta di sentirla a qualsiasi punto della scaletta. Conclusa anche la prima canzone dell’ultimo album, Nick presenta il brano successivo “a song about a couple of gay”, trattasi di Small Town Boy dei Bronsky Beat; sono perplesso (lo so, risulto pesante ai più) sulla necessità da parte dei PARADISE LOST di suonare una cover, quando sono rimasti esclusi altri pezzi, Enchantment, Hallowed Land, Illumination, True Belief, Host, Disappear, World Pretending, Forever Failure, tanto per non fare nomi. Per rimanere invece in tema di cover avrei preferito sentire Xavier dei Dead Can Dance, altra sostanza, ma questi sono dettagli. In ogni caso tutti sembrano conoscere Small Town Boy, non è dato sapere se nella versione originale o grazie alla cover proposta dai PARADISE LOST nella versione digipack di Symbol of Life. Al break successivo Nick annuncia, qualora ce ne fosse stato bisogno, “this is the last one” e l’intro di piano di One Second suona come il più triste degli addii. Nessuno ha mai pensato di usare questa canzone come colonna sonora per qualche film? Anche One Second scivola via, con una malinconia maggiore che in tutti gli altri pezzi, vuoi il brano in sé, vuoi che è proprio l’ultimo. Sembra passato un quarto d’ora, è passata un’ ora e mezza, in ogni caso tutti a casa. Nella testa si instaura, vigliacco, un dubbio: è più la gioia per esser stato parte di un evento straordinario o la tristezza derivante dalla consapevolezza che sensazioni ed emozioni del genere si ripeteranno difficilmente? Come diceva quel comico, “la seconda che hai detto”.Alberto Scremin |
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FANS
from the left Agnese Steve Nicola Alberto |
Agnese Lee Nicola Alberto |
Nicola Greg Alberto |
English version After the date in Cesena, Pl come to New Age for the last Italian date of the Symbol of Life European tour. Here again Exilia, a band from Milan, are supporting them , together with the Swedish Deathstars.
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